È circa una settimana che parlo di Pokemon Go. Non posso non farlo, è un trend troppo forte, e giorno dopo giorno continua a rimanere sulla bocca di molti e sulle prime pagine dei siti tech più importanti al mondo. Il gioco sta spaccando tutto, milioni di download (e non è una cifra a caso, sono davvero milioni), le azioni di Nintendo schizzano in alto facendo guadagnare all’azienda denaro e popolarità – una popolarità che mancava da un po’.
La gente si chiede come scaricare Pokemon Go in Italia, e lo abbiamo già visto (la guida è nel link). Negli Stati Uniti c’è chi bara palesemente anche se in modo geniale, e per non andare a cercare i Pokemon gioca a Pokemon Go usando un drone, il proprio smartphone e un software che gli permette di controllare lo smartphone dal computer (QUI IL GENIO).
Poi scrollando il News Feed di Facebook vedo un post di Business Insider, leggo il titolo e penso “addirittura”. Traduzione mia: Pokemon Go è più grande di Tinder, si appresta a superare Twitter. Sono passate diverse ore da quando è stato pubblicato, quindi con ogni probabilità il titolo ha effettivamente già superato il numero di utenti di Twitter. Non è solo un gioco per bambini, penso, dev’essere un gioco davvero divertente, e poi se ci giocano milioni di persone un motivo ci sarà. Ha superato Tinder e si appresta a superare Twitter per numero di installazioni e utilizzo giornaliero (cifre relative al solo sistema operativo Android negli USA).
Io però non ho ancora scaricato Pokemon Go, voglio aspettare che esca su App Store in Italia ufficialmente (potrebbe essere il 15 luglio la data fatidica anche se non c’è ufficialità in merito). I dati sono sorprendenti: ho visto dei gameplay, ho compreso la logica di realtà aumentata del gioco che lo rende molto interattivo per gli utenti, ma ancora non capisco come sia possibile un successo del genere. Certo sono milioni le persone che hanno passato la loro infanzia con i Pokemon – tra questi anche io – ma non mi basta come spiegazione.
Pokemon Go: un gioco nella media realizza i nostri sogni
Decido di approfondire il tema. Vado alla ricerca di qualche articolo che mi possa spiegare, e mi imbatto nel puntualissimo The Verge, uno dei siti tech migliori al mondo (Fonte: me). Un post spiega come sia un gioco nella media, dotato di diversi difetti. Traduzioni mie: “mancano la strategia e la storia dei suoi predecessori”, “si basa sulla connessione ad internet che puntualmente crolla”, e ancora, “il gioco stesso crasha facilmente”. MA, ed è un grosso MA, “è l’unico gioco che ti consente di catturare un Pikachu nel tuo cortile“.
Nei giochi per Game Boy, console portatile che ha consumato i pollici di milioni di più e meno giovani, Pokemon aveva una trama, bisognava correre da una parte all’altra, conquistare palestre, far evolvere e combattere i propri Pokemon. In due parole: acchiapparli tutti. Gli elementi essenziali sono trasportati su Pokemon Go: le palestre, le Poke Ball, ma soprattutto catturare i Pokemon. Il tutto potenziato con la realtà aumentata, che ci permette di catturarli praticamente in prima persona. Non comandiamo un allenatore virtuale, siamo noi l’allenatore, ed esploriamo il mondo reale alla ricerca dei Pokemon più forti e rari.
Le barriere tra realtà e virtuale vengono abbattute, non ci sono mappe immaginarie, ma le vie della nostra città, le spiagge, i laghi, e via dicendo. È finto, ovvio: ma è tutto vero. Così i difetti passano in secondo piano (e cito ancora The Verge) “semplicità, familiarità, coinvolgimento”. Prendi milioni di persone che conoscono il mondo dei Pokemon, dai loro modo di entrarci con Pokemon Go, e il gioco è fatto. Per quanto mi riguarda, l’app raccoglierà numeri enormi, soprattutto considerando che la distribuzione globale è appena all’inizio. Non resta – a me compreso – che attendere l’arrivo anche in Italia.
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