Anastasio è un primo approccio con il rap, ma bisogna andare oltre

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Anastasio ha vinto l’edizione 12 di X Factor Italia. È una notizia, perché a vincere è stato un rapper. È una notizia buona, perché in Italia l’ignoranza sul genere musicale più ascoltato al mondo – compreso il nostro paese come testimoniano le classifiche Spotify del 2018 relative a brani ed album più ascoltati.

Saranno molte le persone che sulle note di “La fine del mondo”, l’inedito con cui Anastasio ha vinto il talent, avranno in questo modo il loro primo approccio al rap. Per queste, quindi, quello di Anastasio è il rap, è così che si fa, è wow. Qualche settimana fa Noisey ha scritto che “Anastasio è il rapper per chi non ascolta rap”, e in linea di massima sono abbastanza d’accordo con le tesi sostenute – leggete la loro analisi, io evito di ripetere. Molte delle sue vecchie canzoni (su YouTube le trovate cercando Nasta anziché Anastasio) sono orecchiabili e carine, meglio dell’inedito che ha portato a X Factor che è abbastanza banale, tecnicamente non eccelso né cattivo o di rivolta. Ma occhi e soprattutto orecchie di chi scrive quel post, così come i miei, non sono in realtà “normali”. Sono occhi di conoscitori del genere e della cultura che ne deriva. Perciò è da capire che Anastasio è un fenomeno positivo, un modo che tante persone avranno e hanno per avvicinarsi al rap e pensare finalmente che questo genere non sia fatto di fenomeni da circo ma abbia contenuti e serietà che devono essergli riconosciuti. Anastasio è un buon gancio che deve suscitare curiosità, voglia di esplorare un genere che da decenni è vivo in Italia, anche se da relativamente poco entrato nel mainstream con prepotenza e rilievo mediatico. Un genere che oggi in radio potrebbe sembrare Sfera Ebbasta, diamanti e collane, ma alle spalle ha molto, molto di più.

È come scoprire un bel giorno che ti piace Al Pacino, le strade sono due: puoi limitarti a guardare i film futuri di Al Pacino quando ti capiterà, oppure puoi andare a cercare la sua filmografia e guardare i suoi film negli anni, dai primi come Il Padrino (1972) ad Hangman (2017). La prima strada renderà il tuo gusto superficiale, la seconda ti permetterà di esplorare la crescita e conoscere inevitabilmente lo scenario del passato, l’evoluzione del cinema, trovare altri attori che ti piaceranno e continuare ad esplorare. Oppure scoprirai che in realtà ti fa cagare, ma almeno potrai dirlo con cognizione di causa, e non solo perché a primo impatto hai deciso così.

Digressione: per aprirsi non è mai troppo tardi

Ascolto rap da più di 10 anni (ne ho 24, il primo disco messo su un lettore MP3 è stato Mr. Simpatia di Fibra) e nel tempo ho ascoltato praticamente qualsiasi genere musicale. Dal cantautorato italiano di De André e Battisti al rock di Vasco Rossi, fino al metal dei System of a Down e dei Pantera, passando per l’alternativa dei Gorillaz, la leggera italiana di Jovanotti e Negrita, il reggae di Bob Marley, la pop dei Muse e dei Coldplay, la house di Bob Sinclar e compagnia. Ho ascoltato di tutto, e continuo a farlo quotidianamente. Ho avuto sempre e solo un genere che non è mai andato fuori dai miei radar: il rap, il rap italianopurtroppo non sono eccessivamente ferrato nel rap USA, non ne vado fiero.

Per anni, fino a 4-5 anni fa, sono andato contro gli aristi “commerciali”, contro le novità come l’autotune – quanto ho odiato l’autotune non riesco a quantificarlo. Sono stato un “purista” del rap. Ascoltavo Kaos One, i Colle der Fomento, Lou X, Neffa e i Messaggeri della Dopa, 107 Elementi, e così via.

Schifavo i primi approcci di Gué all’autotune, Fabri Fibra con Gianna Nannini. Sentivo tutto per comprendere, ma poi continuavo ad ascoltare tutta un’ondata di rap italiano underground e vecchia scuola, con poche nuove eccezioni: Egreen, Noyz Narcos e Salmo per fare qualche nome.

Crescendo ho capito, tardi ma meglio che mai, che la musica è in evoluzione, e non si può rimanere legati solo a ciò che è stato. La musica cresce, diventa più accessibile e ascoltata, e quindi più varia. Quindi ben vengano i Gué Pequeno che parlano di soldi e donne, ben vengano gli Sfera Ebbasta. Se oggi c’è chi lo fa così è perché ieri c’è stato chi ha parlato solo di cose “pesanti” e più real. C’è così tanta varietà che ce n’è per tutti i gusti. Oggi ascolto tutto con piacere, canticchio tranquillamente Sfera e ne apprezzo le particolarità.

Il punto è che ce n’è per tutti i gusti. Mi piacciono particolarmente i tecnicismi, non a caso chi ascolto di più sono MadMan e Gemitaiz, e apprezzo gli “emergenti” come Nayt. Nonostante ciò continuo ad ascoltare i più old school in attività come i Colle (usciti di recente con Adversus) e Egreen. Adoro il rap hardcore e sperimentale di Salmo, ma anche la leggerezza di Ghali. Ho capito che è possibile ascoltare cose molto diverse tra loro senza sputare sopra nessuno, rispettando la varietà e traendone piacere e divertimento.

Cosa ti può piacere se ti piace Anastasio?

Torniamo dopo questo bel giro ad Anastasio. Presupposto è che non voglio scagliarmi su Anastasio, ma invitare ad andare oltre, ascoltare altro del tantissimo che oggi c’è in Italia. Prendiamo per buone le affermazioni fatte da Noisey e che mi ricordo essere state fatte durante il talent dai giudici e sui social a proposito di Anastasio e delle sue abilità. Per queste darò dei suggerimenti di artisti e tracce da ascoltare.

Flow, rabbia, scrittura? Cercando tutto insieme direi semplicemente Kaos. Oppure Mezzosangue.

Cattiveria? Noyz Narcos.

Scrittura, incastri? MadMan e Gemitaiz, o (sound completamente diverso) Rancore.




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